La pratica di un’attività fisica regolare si associa in generale ad un miglior stato di salute ed ad una riduzione del rischio di mortalità.
E’ dimostrato infatti che i soggetti fisicamente attivi presentano un rischio ridotto di sviluppare varie e diffuse patologie: malattie cardiovascolari, ictus, diabete di tipo 2, cancro del colon, osteoporosi, depressione e danni correlati a tali eventi morbosi.
Negli ultimi 50 anni, nei paesi industrializzati, si è assistito ad una crescita esponenziale di queste malattie che per la loro comparsa relativamente recente e per il loro andamento (incremento drammatico dell’incidenza, lenta progressione, lunga durata e sviluppo di complicanze croniche) sono definite “Moderne Malattie Croniche”.
Le “Moderne Malattie Croniche” hanno un eziologia eterogenea, su base genetica, ma fortemente dipendenti “dall’ambiente” . La domanda che viene naturale porsi è quale sia il fattore o i fattori ambientali che hanno determinato questa “epidemia”, certamente uno dei fattori ambientali responsabili è l’inattività fisica. Basti pensare che la quantità di attività fisica quotidiana nell’uomo è diminuita in modo allarmistico; Cordain et al hanno pubblicato (1998) che il dispendio energetico quotidiano è diminuito dal tempo degli ominidi da un valore di 206 kJ kg-1 day-1 (49 kcal kg-1 day-1) a 134 kJ kg-1 day-1 (32 kcalkg-1 day-1) per gli esseri umani contemporanei. Inoltre il reinserimento dell’esercizio fisico in popolazioni divenute sedentarie riduce drammaticamente il rischio di sviluppare tutte le malattie croniche simultaneamente. Molte malattie croniche sono associate con l’inattività fisica e molti fattori di rischio sono precipitati dall’inattività stessa, tanto che un report del Centers of Disease Control and Prevention conclude dicendo:
“L’inattività fisica è una delle maggiori cause di morte prematura negli U.S.A. e uno stile di vita sedentario è responsabile di circa un terzo delle morti da malattia coronaria, diabete, cancro del colon (tre malattie nelle quali l’inattività fisica è uno stabilito fattore causale primario)”.
Il National Istitute of Health (NHI) ha identificato 17 condizioni definite “unhealty” (di mancanza di salute), dove l’inattività fisica ne incrementa in modo esponenziale l’incidenza e la progressione verso lo sviluppo di complicanze croniche.
Colpisce profondamente, dal punto di vista della salute pubblica, che nonostante siano noti gli effetti benefici dell’attività fisica la maggior parte della popolazione non si impegni in “programmi di esercizio fisico regolare”. Ancor minore è l’impegno del “Sistema Salute” e delle istituzioni atte a favorire un più facile accesso a programmi di esercizio fisico : Sistema scolastico, urbanistica, mondo del lavoro, sistema informativo e dei “media”. Pertanto, gli interventi promossi dalla società nel suo complesso, per favorire l’esercizio fisico mostrano un aspetto critico socio culturalmente emergente; un tale approccio strategico rispetto alla considerazione generale della salute pubblica è stato formulato per la prima volta negli U.S.A. dall’”American College of Sport Medicine” e dal “Centers for Disease Control and Prevention”. Le raccomandazioni formulate rappresentano il lavoro della “Task Force” per implementare la guida di servizi preventivi alla comunità (Guide to Community Preventive Service) in collaborazione e con il supporto dell’”U.S. Departement of Health and Human Services (DHHS)”. Le raccomandazioni e gli interventi fortemente raccomandati dalla “Task Force” sono gli obiettivi stabiliti dal programma ”Healthy People 2010”.
Il “Diabetes Prevention Program” solo 2 anni or sono ha annunciato i risultati di un ampio studio clinico in cui si metteva in evidenza che almeno 10.000.000 americani con un elevato rischio di sviluppare diabete di tipo 2 potrebbero ridurre del 58% il loro livello di rischio attraverso la sola dieta ed esercizio fisico.
Prima degli anni 80 non vi erano praticamente studi, un terzo degli studi pubblicati è databile tra il 1980 e il 1990 e tutte le rimanti pubblicazioni sono degli ultimi 10 anni. Tale vertiginosa crescita negli ultimi tempi si deve certamente alle aumentate conoscenze sull’importanza dell’attività fisica nell’evoluzione delle malattie cardiovascolari e nella riduzione della mortalità in genere. In relazione a tali acquisizioni i due principali obiettivi dell’”Healthy People 2010” sono: 1) incrementare la quantità di attività fisica moderata o vigorosa da produrre in tutta la popolazione e suoi sottogruppi a rischio; 2) creare e facilitare gli accessi ai luoghi dove l‘individuo può essere attivo.
La percezione delle necessità anzidette è certamente presente anche nel nostro paese, soprattutto negli studi sulle popolazioni a rischio di sviluppare malattie dismetaboliche (obesi, diabetici, dislipidemici, ipertesi, etc), ma allo stesso tempo sono pressoché assenti interventi strutturati pubblici atti a favorire l’attività fisica terapeutica.
Mentre per gli approcci terapeutici (dieta e terapia farmacologica) si è assistito ad un uso costante del mezzo prescrittivo, questo non è avvenuto per l’esercizio fisico.
Gli interventi sono limitati e non strutturati, in una realtà sociale ancora impreparata ad accogliere l’esercizio fisico prescritto e controllato come mezzo terapeutico.
Dott.Cherin Martino
Preparatore Fisico
Responsabile MotusLab
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